Domenico Pizzuti, in merito allo spostamento della data di celebrazione della festa di S. Gennaro, patrono della città di Napoli, ci aveva inviato una riflessione, già pubblicata su "la Repubblica" di Napoli.
Ci sono stati sviluppi, e presto pubblicheremo un'altra missiva dello stesso.
19 SETTEMBRE: SAN GENNARO NON SI TOCCA
A difesa della data del 19 settembre per la celebrazione di S. Gennaro, festa patronale di Napoli, minacciata da un decreto taglia-feste, si è levato un comunicato della Curia napoletana con argomenti storico-religiosi. A parte la fissazione della data liturgica sulla base di una tradizione fondata, si tratta del Padre nobile della diocesi napoletana e se si vuole di un santo civico da celebrare. Eppure nell’ultima riforma del calendario liturgico, la celebrazione di alcuni santi è stata spostata anche di alcuni giorni (San Domenico, per esempio, dal 4 all’8 agosto) Altri possono difendere le date della religione civile, come il 25 aprile, il primo maggio e il due giugno, e per dare a ciascuno il suo si può sostenere la fissazione del 19 settembre per la celebrazione di S. Gennaro che data tra l’altro di qualche secolo o millennio in più. Altri ragionamenti richiederebbe il profilo di fede, al di là della volontà del santo Patrono evocata, che non può non richiamare la libertà e gratuità costitutiva dell’azione divina secondo il credente ma non solo.
Paradossalmente, poiché le ragioni del dispositivo in discussione sono di natura economica, si potrebbe affermare che poichè nel nostro contesto le ragioni della “produzione” sono deboli, si può far luogo a quelle della “protezione” del santo Patrono Gennaro, invocato dai cittadini napoletani. Emergono le ragioni di “rassicurazione” esercitate in generale dal fenomeno religioso nelle società umane per i rischi incombenti che restano da affrontare collettivamente. Dispiacerebbe invece se si perdesse qualche giorno di frequenza alla scuola.
Può soccorrere sotto un profilo interpretativo una lezione di Benedetto Croce (Uomini e cose della vecchia Italia, II, Bari 1956) che si riferisce all’immagine della religiosità napoletana diffusa nel secolo XVII dalle relazioni di viaggiatori e scrittori inglesi, francesi, tedeschi nella città partenopea, che veniva etichettata e stigmatizzata come superstizione, fanatismo, paganesimo, per manifestazioni di religiosità popolare dissonanti da quelle dei paesi di provenienza, a partire dal miracolo del sangue di S. Gennaro. “Il paese dove le pratiche sacre erano tanto più frequenti e vistose, quanto meno si legavano ad una realtà morale”. Una religiosità appariscente, esteriore, senza costrutto morale. Avvertendo che non si poteva identificare la religiosità della “plebe” con quella dell’intera nazione napoletana, riconosceva con rara acribia che si trattava di modalità di espressione religiosa della plebe napoletana in rapporto alla propria condizione. “Rappresentavano pur tuttavia, in certa misura, un elevamento verso il divino, conforme alle condizioni in cui la plebe napoletana si trovava”.
Sono passati secoli, e la celebrazione religiosa del santo patrono è stata liturgizzata, cioè resa conforme a modalità religiose ufficiali con la riproduzione dello scioglimento del sangue nelle ampolle. La tematica della carenza nella religiosità di consequenzialità morale, si è ripresentata invece negli ultimi anni a proposito della mafia o camorra devota, per l’esibizione non di rado da parte di soggetti appartenenti ai vari gruppi della criminalità organizzata di un universo religioso tradizionale per nulla influente nelle pratiche di vita secondo legge umana e divina. Ed allora San Gennaro il miracolo lo deve fare, perché la preghiera impetrante dia luogo a pratiche di vita umanizzanti e solidali nell’affrontare i problemi comuni, da non esorcizzare o affidare ad un intervento simbolico dall’alto risolutore della crisi.
Una provocazione sia permessa: il museo di San Gennaro che custodisce preziosissimi oggetti di arte sacra, devono questi essere solo esibiti alla pubblica ammirazione o potrebbero nelle gravi crisi essere in qualche modo utilizzati, come Paolo VI che si privò del prezioso triregno a vantaggio di popolazioni bisognose del pianeta? Era l’epoca della “Populorum progressio”, la cui ispirazione è ancora valida, specialmente di fronte alla crisi economica che inciderà sulle classi medie e popolari della città e del paese.
San Gennaro, aiutaci tu, da un po’ di sangue ad una religiosità o meglio ad una fede cristiana che non sia solo celebrativa o simbolica, e rianimi gli sforzi comuni per una città più vivibile da tutti. Sei o no un patrono ed una guida illuminata ed illuminante?
Domenico Pizzuti
Napoli, 18 agosto